“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”.
Tutti abbiamo letto almeno una volta queste famosissime righe tratte dal racconto “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry. A parlare è la volpe incontrata sulla Terra dal principe proveniente da un lontano asteroide durante il suo viaggio alla scoperta dell’Universo. La volpe, che si trasforma in una sorta di mentore sui valori dell’amicizia, insegna al bambino “il valore dei riti”. A suo parere, infatti, nel rapporto fra due persone “ci vogliono i riti”, ovvero quegli appuntamenti fissi che mantengono vive le relazioni di amicizia o anche di amore. Le mantengono vive perché il fissare un momento per l’incontro serve a “preparare il cuore”, cioè a creare una sempre crescente trepidazione per il momento tanto atteso.
Nella lingua inuktikut esiste una parola che vuole racchiudere proprio questo significato: la sensazione di iktsuarpok è quella che si prova nei momenti precedenti all’incontro con qualcuno, quando non si riesce a fare a meno di controllare alla finestra o la porta se il loro arrivo è imminente e la gioia in noi si accresce man mano che il tempo passa. E’ una sensazione positiva che serve a corroborare il rapporto con l’altro, perché dà più valore al suo arrivo e al tempo passato insieme. Si potrebbe quasi dire che quando non si prova iktsuarpok non ci interessa davvero chi o ciò che stiamo aspettando: il mancato coinvolgimento può essere considerato come un segnale di disinteresse.

La lingua inuktikut è una lingua parlata dal popolo Inuit in Canada e appartenente al gruppo delle lingue eschimo-aleutine (più comunemente conosciute sotto il nome di “eschimesi”), diffuse in Groenlandia, Canada Settentrionale, Alaska e Siberia. E’ una lingua polisintetica, il che significa che crea le parole incollando fra di loro, secondo una sequenza logica sintattica, simboli racchiusi in un alfabeto sillabico (convenzionalmente chiamato “sillabario”). Questi simboli costituiscono il sistema di scrittura inuktikut, affiancato poi da un alfabeto latino per permetterne la pronuncia anche ai non parlanti. Nel sillabario inuktikut originale, ad esempio, la parola traslitterata in iktsuarpok nell’alfabeto latino viene scritta attraverso i simboli ᐃᒃᑦᓱᐊᕐᐳᒃ (sì, sembra una formula matematica, ma non lo è!).

Il dizionario eschimese-inglese di Arthur Thibert ne definisce il significato letterale in questo modo: “iktsuarpok: often goes out to see if someone is coming”. Il significato originario, quindi, è incentrato sull’azione compiuta durante la fase di attesa ed è stato poi adattato al significato più ampio appena descritto. L’Urban Dictionary, infatti, l’ha ormai inserita all’interno del suo glossario descrivendola come “an Inuit word that describes that feeling of anticipation that leads you to keep looking outside to see if anyone is coming”. Altre versioni leggermente differenti della traduzione di questa parola identificano l’iktsuarpok come l’attesa snervante di qualcuno che è in ritardo per un appuntamento (a chi non è capitato almeno una volta?). Non esistendo un’etimologia precisa del termine è impossibile risalire a definizioni certe, ma tutte quelle rintracciabili convergono su questi punti.
D’altra parte, che l’attesa sia gioiosa o snervante, l’intellettuale tedesco Gotthold Ephraim Lessing scrisse già molto tempo fa (per la precisione nel 1763) che “ein Vergnügen erwarten, ist auch ein Vergnügen“, ovvero che “l’attesa di un piacere è anch’essa un piacere”. Con il tempo, poi, la citazione – come spesso succede – è stata rimaneggiata e trasformata nel celebre detto “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”. Per concludere, dunque, vi lascio con qualche altra famosa citazione sulla stessa linea:
- La buona pioggia è di là dallo squallore, ma in attendere è gioia più compita (Eugenio Montale, “Gloria del disteso mezzogiorno”, 1925)
- L’attesa attenua le passioni mediocri e aumenta quelle grandi (François de la Rochefoucauld, “Massime”, 1665)
- Se non ci metti troppo, ti aspetterò per tutta la vita (Oscar Wilde, “L’importanza di chiamarsi Ernesto, 1895)
- L’attesa è una catena che unisce tutti i nostri piaceri (Charles Louis de Montesquieu, “Riflessioni e pensieri inediti”, 1716-1755)